mercoledì 22 settembre 2010

7. Ingenuo... sì, come Freddy Krueger!

C’era un leone vestito d’agnello.

E c’era un tonto vestito da fesso.

Bene, io sono il secondo, perché un po’ di sana autocritica fa bene, benissimo.

Mentre una persona malata di mente sorseggia il secondo litro di Esta The (sì, e allora? Se ho il fisico di una cassapanca e la glicemia di Hello Kitty, sono fatti miei!) e legge distratto gli annunci per eventuali scopaamici nelle consuete mirabolanti chat e viene contattato da un ragazzetto che si dice “confuso e con tanta voglia di capirsi di più”… cosa si fa?

Tradotto, perché perdere l’occasione di rivestire i panni di Candy Candy e rassicurare le giovini menti gaye? Perché non essere delle nuove Florence Nightingale e urlare al mondo “io ti salverò!”? Perché perdere l’occasione di trovare l’ennesimo caso umano da trasformare in aneddoto con gli amici?

Ecco l’ultima cosa è la più plausibile, mi sa…

Comunque, l’essere in questione che chiameremo Finto Ingenuo (F.I.) di per sé, si presentava benino sulla carta. “Ciao, è da poco che mi sono accettato, ho letto il tuo profilo, mi sembri una persona a posto, ti posso fare delle domande?”.

Beh, di fronte a una richiesta del genere, ecco che il mio ego esplode. Del resto, io, consumato frequentatore di bassi fondi morali, io che ho visto di tutto e di più (seee), perché non aiutare i giovani, mettendo a disposizione la mia consumata esperienza? (ma qualeeee??)

Già.. perché? Cioè, perché non me ne rimango con le manine in tasca? No, devo per forza mettermi in situazioni di merda.

P.P.: “Certo, dimmi pure”.
F.I. “Scusa ma, come si vive da omosessuali?”
P.P. “Osti, che domanda.. beh, si vive come tutti. Né più, né meno. Non è facile, perché accettarsi… bla bla abla… le discriminazioni ci sono ma se uno ti prende in giro, il problema è suo … bla bla bla… accettarsi non è facile ma poi è una liberazione… “.


Insomma, un trattato su “IO, GAY E FELICE NEGLI ANNI 2000”.

F.I.: “Grazie! Scusa posso farti una domanda più intima?”
P.P.: “Beh, sì”
F.I.: “Tu hai mai fatto sesso?”
P.P.: “Ossantapolenta., sì, direi di sì”
F.I.: “E’ bello?”
P.P.: “Beh, sì… cioè a volte può essere deludente.. beh, però, sì… direi di sì. Ma tu…?”
F.I.: “Eh… a dire il vero… no… però…”
P.P.: “Però? Su su non ti vergognare…”
F.I.: “No, è che ho un paio di fantasie… ma non so se sono normali… ti spiace se te le racconto”


E lì l’errore.

P.P.: “Certo, dimmi pure”

Tre parole del cavolo.
Da lì in poi il delirio.

Una serie di porcate che Rocco Siffredi si sarebbe rinchiuso in una canonica e sarebbe stato beatificato di lì a poco. Cose mai viste e sentite, mani, braccia, gambe, lingue, gote, malleoli, duodeni che si intrecciano, tutto che viene nell’ordine baciato, succhiato, rosicchiato, divorato, lacrime, sangue, sudore, di tutto!

Figlio mio, tu non sei normale!
Quelle cose non le farebbero nemmeno nell’ultimo film porno girato con la webcam del cellulare da una mano tremolante i cui titoli sono evocatissimi, tipo “La monta dei tori imbizzarriti di Nuova Gorica” o “Amplessi e rigurgiti nel medioevo vittoriano”.

Ho commentato con due righe del tipo “ma noooo… ehm… è normale… cioè, non è comune fare quelle cose… però lo facciamo tutti.. oddio, tutti tutti, no… però… ecco diciamo che quella cosa con la lingua che finisce nel… “

Ecco lasciamo perdere…